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Agli amici del Circolo

Ho nostalgia; è come un buco nello stomaco.

Il dolore del nemico invisibile sta colpendo, sordo, tutti noi. Il comportamento quotidiano non è più dettato dalla libertà dei pensieri che non ci accorgevamo di far subito corrispondere a quella dei movimenti e delle azioni. Non avevamo capito e non abbiamo mai apprezzato. Adesso, siamo “obbligati”, siamo “ordinati” e posti sotto condizioni pesanti che sembrano stridere con la tanto agognata Democrazia conquistata con il sangue dai nostri nonni.

Adesso, però, forse abbiamo capito che i nostri comportamenti di prima “non erano quelli legati alla vera democrazia”. Forse erano comportamenti egoisti, associati più probabilmente all’Anarchia e non alla Democrazia. Non è possibile fare quello che più ci fa comodo, adesso non più. Magari perchè fare quello che ci pare, fa sembrare liberi, ma non ci fa percepire che il nostro comportamento sta danneggiando “l’altro”. 

Che ci serva finalmente da lezione.

Perché si possa tornare a passeggiare ma stavolta salutando, anche soltanto con un sorriso, la persona che incontriamo per caso e magari neppure conosciamo. Perché si riesca a chiedere “come stai?” bussando con una mano, e non con un messaggio, alla porta del vicino o a quella dell’amico o del parente. Perché si riesca ad apprezzare la bellezza di un abbraccio fisico, vero, forte, sincero.

Perché, per noi appassionati, si possa tornare in allegria a cimentarci nelle nostre gare, rispettando sempre tutte le regole del gioco, senza barare e coinvolgendo tutti gli Amici con i quali condividiamo “la grande passione”. 

Perché, pensate un pò, mi manca il traffico del G.R.A. o quello della Pontina per venirvi a trovare. 

Perché mi manca camminare per il centro di Roma “accorgendomi” che c’è il Pantheon , oppure la “Barcaccia” con la scalinata, oppure San Pietro con tutto il colonnato. 

Perché mi mancano i rigatoni con la “Pajata” di Patrizia a Porta Portese o soltanto la bistecca di Chianina di Valerio e Sabrina sotto casa “Alla Cerquetta”.

Perché non mi ricordo più il sapore delle “pizze fritte” o delle sfogliatelle “ricce” da Angelo a Napoli vicino alla Stazione.

Perché faccio fatica a sopportare di non poter tornare in Sicilia, tutta, terra del mio sangue, piena di colori, odori, profumi pungenti, Amici e caldo di Sole e Sale.

Perché, soltanto adesso, ho capito che cosa vuol dire essere “Italiano”, che soltanto chi lo è veramente lo può capire, come me.

Vi aspetto, ma, … fate presto!

da Giacomo Saverino, detto “Gianni”